Elezioni europee: cosa è in gioco il 26 maggio per il PD

Elezioni europee: cosa è in gioco il 26 maggio per il PD

Saremo il 26 di questo mese di fronte a una sfida epocale: all’assalto rancoroso dei sovranismi che negano quanto di positivo sia stato fatto nella Ue, all’attacco violento dei populisti non solo alla Ue ed alle sue strutture gestionali, ma alla sostanza stessa della democrazia liberale, dei mercati ben regolati, di un tipo di sviluppo che prova a fare convivere competizione e solidarietà sociale. Tutto ciò in presenza di sfide globali (i poteri economici sovranazionali, gli sviluppi della cyber economy, il terrorismo islamico, le grandi ondate migratorie, la guerra commerciale tra USA e Cina) e pericolosi fronti interni di crisi, anche militari, all’interno dell’area del mediterraneo, come in Libia.

Non sarà pertanto inutile ribadire i dati positivi che si registrano attualmente nella Ue sul piano della economia, come la crescita complessiva dell’economia, gli importanti piani di investimenti (300 miliardi) in infrastrutture e servizi socio-assistenziali, le politiche di coesione (300 miliardi) ed i progetti di ricerca. Tutto ciò in un clima di pace che ha segnato in maniera indelebile per nostra fortuna il corso della vita dei cittadini europei da tanti anni a questa parte.

Ma anche non va sottaciuto che si tratta di una realtà contrassegnata anche da un qualche ritardo nelle risposte che avrebbe dovuto dare in termini di lotta alle povertà, di immigrazione e sicurezza, come pure sul piano dello sviluppo e della disponibilità ad incrementare le opportunità di lavoro.

Il programma, chiamato ‘Una Nuova Europa’ formulato dal PD assieme ai 38 Partiti che costituiscono l’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) vuole dare a questi problemi risposte innovative e concrete.

Una Nuova Europa che debba essere protagonista nel mondo: “L’Europa è la sola risposta che possiamo dare alla globalizzazione e ai suoi effetti negativi in termini di incertezza sociale, di competizione sleale, di insicurezza personale, di timori e paure che scuotono la vita dei cittadini ogni giorno” si legge all’inizio del programma. Il Pd si propone quindi di proteggere i cittadini dall’aggressività della globalizzazione, affrontando allo stesso tempo temi attualissimi, come sicurezza e immigrazione. Si presenta di conseguenza la richiesta di riforma del regolamento di Dublino, optando per un nuovo sistema europeo comune per l’asilo e l’immigrazione, fondato su diritti e solidarietà. Un nuovo partenariato Europa-Africa a promozione dello sviluppo che sradichi la povertà del continente garantirebbe all’Unione un ruolo di leader mondiale nella cooperazione internazionale

Una Nuova Europa che dovrà sempre mettere al centro le persone, il che deve significare innanzitutto concentrare la propria iniziativa politica su sviluppo, innovazione, lavoro, coesione sociale e ambiente. Tra i vari punti viene anche presentata l’idea di un’indennità europea di disoccupazione, pensata specificatamente per i Paesi in recessione o dove i livelli di occupazione restano ai minimi, così come si avanza l’ipotesi di introdurre un salario minimo a livello europeo.

Ma Nuova Europa dovrà significare soprattutto, sul versante culturale una particolare attenzione al mondo giovanile: non solo si propone perciò una carta dello studente che faciliti gli accessi a servizi di vario tipo in tutto il continente ma si teorizza un’europeizzazione dei percorsi di studio e formativi, aumentando i fondi Erasmus e chiedendo il riconoscimento reciproco e automatico dei titoli di studio all’estero. Accesso gratuito a istruzione, assistenza sanitaria, alloggio, alimentazione adeguata e assistenza all’infanzia per tutti i giovani e i bambini costituiranno sotto questo aspetto significative priorità.

All’interno della Nuova Europa il ruolo autonomo del Paese Italia dovrà essere impegnato in settori decisionali chiave in tema di economia e sviluppo.

Infatti lavoro ed occupazione soprattutto nelle fasce giovanili dovranno essere supportati con forza tramite piattaforme programmatiche di lungo respiro.

Una Nuova Europa insomma che si confronti continuamente con le realtà sociali e non sia solo burocraticamente efficiente, poiché “il modo migliore per entrare in contatto con le differenze è quello di cooperare in modo informale e aperto” e “gli uffici e le strade diventano disumani quando vi regnano la rigidità, l’utilitarismo e la competizione, mentre si umanizzano se si muovono interazioni informali, aperte, collaborative”.

Una Nuova Europa con una maggiore e migliore integrazione europea, fatta di ponti e non di muri. “Perché l’Italia deve smettere di odiare l’Europa e di vergognarsi di se stessa. E la scelta da fare è fra l’integrazione europea e qualche impero più lontano e meno democratico al quale finiremmo per doverci sottomettere in cambio di un po’ di aiuto, senza avere voce in capitolo sul nostro destino”.