Gruppo Coesione e Inclusione

Gruppo Coesione e Inclusione

ARCHE – CONFERENZA PROGRAMMATICA PD UMBRIA
RESTITUZIONE GRUPPO 5 – Coesione e inclusione

Politiche per il lavoro – Diritti sociali – Diritti civili, inclusione, nuove povertà – Innovazione sociale – Interventi per le Aree interne

POLITICHE PER IL LAVORO

LEGALITÀ E SICUREZZA

Contrasto al lavoro sommerso: In Umbria aumentano i casi di lavoro nero in diversi settori. È necessario promuovere la cultura della legalità. Occorre partire dalla conoscenza dei fenomeni illegali e dalle loro cause, rafforzare i controlli e le attività ispettive.

Sicurezza nei luoghi di lavoro: L’Umbria è una delle regioni d’Italia con più alto tasso di infortuni. C’è bisogno di consolidare l’idea della sicurezza non come un costo ma come investimento: bisogna quindi investire in formazione, tecnologie e personale per effettuare maggiori controlli.

OCCUPAZIONE FEMMINILE

L’accesso delle donne nel mercato del lavoro è sempre più difficile, situazione aggravata ancor di più dalla crisi pandemica. Nonostante l’alto livello di istruzione, le donne continuano a scontare, nel mercato del lavoro, un forte divario in termini non solo occupazionali e contrattuali, ma anche e soprattutto retributivi. Il part-time involontario, cioè quello stabilito dalle aziende e non per motivi di conciliazione, è una condizione sempre più diffusa tra le lavoratrici.

GIOVANI

In pochi anni l’Umbria ha visto oltre 10.000 ragazze e ragazzi emigrare fuori Regione. Tra questi, una percentuale molto elevata è rappresentata da giovani con un alto livello di istruzione che non hanno trovato occasioni di lavoro inerenti alle proprie aspettative, oppure perché le uniche proposte erano a basso reddito o precarie.

Inoltre i NEET, giovani di età compresa tra i 15 e i 35 anni che non studiano e non lavorano, nel 2020 sono aumentati del 20%, peggior dato tra le regioni italiane.

La perdita non solo di cervelli ma anche di ricambio generazionale nelle varie attività produttive ed economiche, rischia di mettere un freno ad un possibile rilancio dell’Umbria.

POLITICHE ATTIVE

In Umbria è necessario focalizzare l’attenzione su dinamiche volte alla creazione di serie ed efficienti politiche di sostegno all’occupazione, che mirino alla formazione e riqualificazione dei lavoratori, alla qualità dei posti di lavoro e alla garanzia di reddito durante le transizioni occupazionali. Per raggiungere questo obiettivo, il Partito Democratico dell’Umbria ritiene fondamentale rafforzare il sistema pubblico dei Centri per l’Impiego, quale strumento territoriale predisposto per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, con l’obiettivo di fornire servizi innovativi di politica attiva e riqualificazione professionale.

Serve quindi un servizio Pubblico per il Lavoro in grado di favorire l’occupazione, attraverso la valorizzazione e la promozione delle competenze, rendendo le stesse adeguate ed effettivamente spendibili nel mercato del lavoro. Al contempo, tali strumenti sono utili ad orientare efficacemente l’utenza e rispondere tempestivamente al fabbisogno professionale espresso dal mondo produttivo. È, infine, necessario creare una solida relazione con il sistema delle imprese e con il mondo dell’Università e dell’alta formazione.

Di conseguenza, rilevante è il tema della Formazione Professionale, che merita di essere affrontato in maniera più puntuale e strutturale, aumentando il tasso di interconnessione tra Arpal, Università, agenzie formative e sistema produttivo. La riforma del mercato del Lavoro e dell’Agenzia Arpal, proposta e approvata dalla Giunta Tesei, rappresenta, a nostro avviso, una svolta negativa del mercato del lavoro a vantaggio del privato.

La possibilità per Arpal di ‘esternalizzare’ funzioni agli accreditati, determinerà un indebolimento complessivo del sistema pubblico dei servizi per l’impiego, permettendo ai privati di operare non in affiancamento alla sfera pubblica, ma come principali attori sul mercato delle politiche attive e della formazione, remunerati da ingenti finanziamenti pubblici. Riteniamo che con questa riforma il vero obiettivo sia quello di smantellare il sistema pubblico del lavoro in favore di esternalizzazioni improprie e di dubbia costituzionalità.

Ribadendo il nostro parere negativo sulla riforma in questione, riteniamo però necessario portare a termine quanto prima il Piano Straordinario di Potenziamento dei Centri per l’Impiego e delle Politiche Attive del Lavoro in attuazione del Decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche Sociali n. 74 del 28/06/2019, che prevede il rafforzamento degli organici, migliorie a immobili e acquisto di nuovi e strumentazioni per le sedi dei CPI dell’Umbria.

REDDITO DI CITTADINANZA

Nel dibattito che si sta sviluppando attorno al reddito di cittadinanza la posizione del Partito Democratico è, e deve essere, chiara: dare sostegno ai cittadini in stato di povertà è giusto e lungimirante. Dietro l’attacco al reddito di cittadinanza c’è il messaggio “se uno è povero lo è perché non ha voglia di lavorare” e questo messaggio il PD lo rispedisce al mittente. Sbaglia, infatti, chi dice che il RdC serve solo a chi non vuole rimboccarsi le maniche, cosa dimostrata dai dati:

  • incrociando i dati delle comunicazioni obbligatorie, molti percettori di RdC hanno trovato lavoro: il bacino dei beneficiari, cioè, non è immobile ma molto dinamico fra uscite e nuovi ingressi;
  • soltanto un terzo dei percettori (3,6 milioni di persone in 1,3 milioni di nuclei familiari) ha le condizioni per lavorare e, di questi, la maggior parte è poco occupabile; si tratta di persone con competenze obsolete, che non hanno mai lavorato o che lavorano ma il cui stipendio non basta a mantenere se stessi e le proprie famiglie, donne senza alcuna rete di sostegno, ragazzi e ragazze che non studiano, non lavorano, spesso senza qualifica, con alle spalle percorsi di studio discontinui, interrotti e mai ripresi; siamo cioè di fronte ad una platea con importanti condizioni di svantaggio.

Favorire l’inserimento al lavoro dei percettori è un punto chiave: lo si deve fare, però, agendo in modo multifunzionale su tutti i bisogni che tengono queste persone lontane dal mercato del lavoro, in una logica di rete di servizi per costruire risposte adeguate e personalizzate, potenziando anche gli incentivi all’assunzione e all’auto imprenditorialità di chi riceve il reddito e rivedendo l’incompatibilità del reddito con alcune attività lavorative. Bisogna cambiare una serie di parametri di accesso al reddito per aiutare di più le famiglie povere che restano, ad oggi, in gran parte escluse da qualunque sostegno, da quelle numerose a quelle che vivono nel Nord fino a quelle composte da stranieri. È necessario investire nei servizi, da quelli all’impiego a quelli di reinserimento sociale, altrimenti il reddito si ridurrà a strumento di mera assistenza smarrendo una parte importante della sua funzione.

Se il Rdc presenta le criticità, che vengono cavalcate in modo strumentale dalla destra, è anche perché è stato introdotto in modo frettoloso e prima di riformare strumenti essenziali come i centri per l’impiego, le politiche attive per il lavoro e gli investimenti nella rete di servizi sociali e territoriali di comunità.

Il PD deve continuare a portare avanti una battaglia per migliorare uno strumento necessario per evitare l’aggravarsi della questione sociale, integrandolo stabilmente anche all’interno del programma GOL, la principale misura di politiche attive del lavoro incardinata all’interno del PNRR.

RAFFORZARE LE POLITICHE SOCIALI E DI SOSTEGNO ALLE PERSONE

Le politiche sociali hanno l’obiettivo di garantire maggiore equità sociale, solidarietà intergenerazionale e conciliazione di tempi di vita e di lavoro.

Bisogna ripensare ad un Piano Sociale Umbro come strumento di governo del sistema dei servizi e delle attività sociali, mediante il quale la Regione, di concerto con gli Ambiti Sociali, ovvero i Comuni, i servizi pubblici e il terzo settore, rilevi bisogni, prospettive e opportunità sociali a partire dai Piani di Zona. Serve che si definiscano poi gli indirizzi, gli obiettivi, le priorità sociali, nonché la soglia territoriale ottimale per la programmazione e la gestione degli interventi sociali ed i criteri per la relativa attuazione.

Sarà determinante scongiurare la piena applicazione della proposta di legge, presentata come “Legge sulla famiglia”, di riforma del Testo Unico in materia di Sanità e Servizi Sociali, in piena ottica di regressione culturale, di lesione della libertà e della piena realizzazione della persona e della sua esistenza nell’ambito della comunità e delle famiglie.

LE PRIORITÀ:

  • Riconsiderare un modello di welfare improntato sul principio di Sussidarietà verticale, ed orizzontale, sulla governance partecipata e sulla coprogettazione, coinvolgendo soggetti istituzionali, operatori, associazioni, cooperative sociali, saperi e ricercatori universitari, puntando all’aggregazione delle competenze professionali ed esperienziali.
  • Rilanciare le Zone Sociali, quali articolazioni preposte alla gestione associata degli interventi e dei servizi sociali e in quanto più strutture prossime ai luoghi di vita delle persone: esse sarebbero in grado di assicurare l’accessibilità ai diritti sociali in ogni angolo del territorio regionale, fino alle più remote aree interne.
  • Riaffermare un welfare di comunità che attraverso équipe multisciplinari (assistenti sociali, educatori, comunicatori, ecc.) sappia sostenere percorsi di inclusione sociale, di empowerment, della promozione di cittadinanza, della qualità delle relazioni sociali e familiari, di prevenzione del disagio della normalità, integrando servizi pubblici, terzo settore, risorse, competenze, culture presenti nel territorio in cui si opera.
  • Saldare l’integrazione socio-sanitaria per sostenere le persone con disabilità a riacquisire l’autonomia possibile e una vita attiva e autonoma.
  • Dobbiamo porre al centro la persona come soggetto attivo, la sua dignità individuale e di socialità deve tornare ad essere il faro delle politiche sociali da mettere in campo.
  • Le differenze di genere e le diversità umane vanno concepite esclusivamente in quanto ricchezze che devono animare la nostra idea di coesione sociale, improntata alla solidarietà, alla libera espressione di sé e della propria progettualità.
  • In questo quadro si colloca anche l’accoglienza delle e dei migranti e l’integrazione multiculturale.

LA CURA DI SÉ

La dignità e il benessere della persona richiedono una consapevolezza di sé, del proprio corpo e del proprio essere, a cui tutte e tutti hanno diritto come misura di eguaglianza sociale. Un’alimentazione salutare, la pratica sportiva per la necessaria attività fisica, l’educazione sentimentale e sessuale, volte all’ascolto e alla elaborazione dei propri sentimenti ed emozioni, sono tre dimensioni educative che fin dai primi anni di scuola devono essere garantiti ai bambini e alle bambine fino all’età adulta e per tutta la vita.

Sono obiettivi di salute, inclusione sociale, maturazione culturale. Si incrociano con il tema alla transizione a sistemi di vita ambientalmente e umanamente sostenibili. Si tratta dunque di:

  • riconoscere il ruolo dello sport, garantirne universalmente l’accessibilità economica e la pratica quotidiana, dentro le scuole e nelle comunità, anche recuperando aree urbane abbandonate o poco sfruttate, puntando sugli impianti sportivi e la realizzazione di parchi urbani attrezzati, al fine di favorire l’inclusione e l’integrazione sociale;
  • promuovere una cultura dell’alimentazione sana connessa alle produzioni, rendendo tutte e tutti consapevoli degli effetti di squilibri alimentari e dell’abuso di alcol, fumo, sostanze;
  • educare alle emozioni ed ai sentimenti, così come alla sessualità e alla procreazione responsabili.

POLITICHE ABITATIVE

Individuare un insieme di misure rivolte a coloro che vedono ridursi sempre di più i margini di accesso a condizioni abitative sicure, dignitose ed economicamente compatibili, mirando alle fasce sociali più deboli ed esposte alla crisi economica, a favore di persone in condizioni di estrema emarginazione e alle giovani coppie.

SOSTENERE E VALORIZZARE LE AREE INTERNE

La Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI), inserita nell’Accordo di Partenariato tra Italia e Commissione Europea, rappresenta una politica innovativa attuata in specifiche aree del Paese caratterizzate dalla presenza di piccoli Comuni lontani dai centri di offerta dei servizi essenziali alla cittadinanza (istruzione, mobilità e sanità), afflitte da marginalizzazione e spopolamento. L’obiettivo della SNAI consiste nell’integrare le risorse ordinarie con quelle comunitarie per poter dare un’opportunità di rilancio socio-economico a questi territori, mediante due classi di azioni mirate a:

  • ripristinare la cittadinanza operando un adeguamento della qualità/quantità dell’offerta dei servizi essenziali, utilizzando, prioritariamente, le risorse nazionali,
  • promuovere il mercato attraverso la realizzazione di progetti di sviluppo locale da finanziare prioritariamente con il Fondo Sociale Europeo (FSE), il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR) e il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR).

La Regione Umbria, di concerto con il Comitato Tecnico Nazionale Aree interne, ha individuato 3 aree, ovvero quella del Sud Ovest Orvietano, quella del Nord Est Umbria e quella della Valnerina, per intraprendere il percorso SNAI. In particolare, le ultime due, oltre ad essere classificate aree interne, sono accomunate dal fatto di essere aree montane appartenenti alla fascia appenninica.

Tale politica scaturisce dal fatto che il territorio umbro è caratterizzato, per lo più, da centri di piccole dimensioni, che in molti casi non riescono a garantire ai residenti un accesso adeguato ai servizi essenziali. Le caratteristiche fondamentali sono rappresentate da:

  1. una significativa distanza dai principali centri di offerta di servizi essenziali (istruzione, salute e mobilità);
  2. importanti risorse ambientali (risorse idriche, sistemi agricoli, foreste, paesaggi naturali e umani) e risorse culturali (beni archeologici, insediamenti storici, abbazie, piccoli musei, centri di mestiere);
  3. un territorio profondamente diversificato, esito delle dinamiche dei vari e differenziati sistemi naturali e dei peculiari e secolari processi di antropizzazione.

In sintesi la strategia persegue 5 obiettivi-intermedi: aumento del benessere della popolazione locale, aumento della domanda locale di lavoro (e dell’occupazione), aumento del grado di utilizzo del capitale territoriale, riduzione dei costi sociali della de-antropizzazione, rafforzamento dei fattori di sviluppo locale.

I punti focali della strategia posso essere così sintetizzati: tutela di territorio e comunità locali; valorizzazione delle risorse naturali, culturali e del turismo sostenibile; sistemi agro-alimentari e sviluppo locale; risparmio energetico e filiere locali di energia rinnovabile; saper fare e artigianato.

La nuova programmazione della Politica di Coesione 2021 – 2027 elenca obiettivi specifici già definiti nelle proposte di regolamenti della Commissione e racchiusi in cinque titoli: Europa più intelligente, verde, connessa, sociale e  vicina ai cittadini.

In questo contesto risulta più che mai necessario ripristinare un coordinamento politico tra tutte le Amministrazioni coinvolte nella strategia. Abbiamo bisogno di fornire tutto il supporto utile per portare a compimento l’importante lavoro iniziato, ed avviare in maniera corretta la nuova programmazione. Il mutato scenario politico-amministrativo ci consegna un quadro fortemente modificato rispetto al periodo in cui aveva preso forma l’iniziativa in oggetto.

Attualmente, il rischio concreto è quello di disperdere un importante patrimonio ed una fondamentale opportunità. Rischiamo, altresì, di trascurare quella visione integrata sulla quale molto abbiamo lavorato, che continuiamo e ritenere indispensabile per disegnare un futuro all’altezza delle sfide che ci attendono.

I temi con i quali siamo chiamati a confrontarci sono talmente ampi e complessi che non possono essere affrontati con risposte indipendenti e poco coerenti tra loro. Abbiamo bisogno di unire e valorizzare le rispettive potenzialità, continuando ad elaborare una linea di azione comune.

DIRITTI CIVILI

PERCORSI DI CITTADINANZA

Riformare la legge per “l’acquisizione della cittadinanza italiana” è ormai imprescindibile.  Prioritario è dare una risposta articolata che sia capace di rispondere ai tanti singoli percorsi che troppo spesso vengono trascurati, dimenticati o politicizzati quando si parla di “cittadinanza”. Per riconoscere dignità a questa pluralità non monolitica, è importante parlare di percorsi di  cittadinanza ed elaborare soluzioni che superino discussioni ormai anacronistiche e lavorare, invece, insieme e di concerto con i soggetti la cui vita ogni giorno è affetta dal mancato  riconoscimento di questo diritto, per un’alternativa efficace, che guardi alla tutela di tutte e tutti e non alla rassicurazione di chi ha paura che il “volto” del paese possa cambiare.

E’ importante dare risonanza alla nuova campagna nazionale “Dalla Parte Giusta della Storia”,  iniziativa promossa dalla Rete per la Riforma della Cittadinanza, per rivendicare il riconoscimento di oltre un milione di giovani nati e/o cresciuti in Italia. Il diritto di cittadinanza è una priorità strategica per il futuro economico, sociale, politico e di competitività del nostro paese e mobilitarsi perché accada è una responsabilità di ognuno di noi, in primis del primo partito progressista del Paese. La legge sulla cittadinanza attualmente in vigore risale al 5 febbraio 1992. Oggi, dopo quasi trent’anni, l’Italia è cambiata radicalmente: sono 5 milioni e 382 mila i cittadini di origine straniera residenti in Italia e la legge n. 91/1992 non è più adatta. L’Italia ha bisogno di una riforma della cittadinanza. Definire nuovi criteri per acquisire la cittadinanza è un passaggio delicato e complesso che può nascere, come espresso dalla campagna nazionale “Dalla Parte Giusta della Storia”, se vengono rispettati 4 criteri fondamentali per una buona legge sulla cittadinanza – IUS ELIGENDI:

  1. Diritto di cittadinanza per chi nasce in Italia. È necessario prevedere che sia cittadinə italianə chi, figliə di genitori stranieri, nasce nel territorio della Repubblica e chi nasce nel territorio italiano da almeno un genitore nato in Italia, senza ulteriori requisiti.
  2. Diritto di cittadinanza per chi cresce in Italia. Sono necessarie modalità specifiche di riconoscimento della cittadinanza per chi, non essendo nato in Italia, cresce nel nostro paese. Trattandosi di minori soggetti all’obbligo di frequenza, il riconoscimento della cittadinanza può essere ricollegato alla frequenza di un corso di istruzione.
  3. Diritto di cittadinanza per chi vive stabilmente in Italia. Ribaltiamo la logica: l’acquisizione della cittadinanza non deve essere intesa come un premio ma come un incentivo per favorire l’inclusione socio-lavorativa e la partecipazione alla vita politica e sociale. È quindi indispensabile una revisione significativa dei criteri di riconoscimento della cittadinanza.
  4. Procedure più rapide, criteri certi e disposizioni transitorie. La qualità delle procedure è un fondamentale indicatore della qualità della democrazia. Il percorso giuridico verso la cittadinanza dovrebbe essere concepito come un diritto soggettivo, non un interesse legittimo; per questo motivo è importante ridurre le tempistiche e intervenire sui costi legati alla procedura.

Questi criteri sono la base per una nuova politica della cittadinanza che tenda all’uguaglianza e all’universalizzazione dei diritti. IL PD Umbria non può che essere “dalla parte giusta della storia”.

UGUAGLIANZA DI GENERE

La Giunta Regionale dell’Umbria, nel 2017, ha approvato la legge regionale contro l’omo-transfobia e in molti comuni della Regione è stato istituito il registro delle coppie di fatto. Traguardi importanti contro ogni discriminazione e per il rispetto e la promozione dei diritti umani e civili, ma in un sistema in cui è ancora necessario chiedere alle istituzioni attuali la piena applicazione della Legge Regionale. Il recente respingimento del DDL Zan ci conferma che la battaglia per l’abbattimento delle discriminazioni sarà ancora lunga.

Dovremo monitorare attivamente l’applicazione della legge di modifica del Codice sulle pari opportunità promossa dal PD con l’intento di contrastare il fenomeno del gender pay gap, problema che affligge anche la nostra Regione e che restituisce la dimensione di quanto ancora ci sia da fare verso il raggiungimento dell’equità di genere.

E’, inoltre, necessario promuovere maggiore consapevolezza e formazione sui temi dei diritti civili e di genere, verso il completo superamento del pregiudizio e della lotta alle discriminazioni nell’opinione pubblica e non solo.

DIRITTI RIPRODUTTIVI

Le battaglia sulla corretta somministrazione della pillola abortiva RU486, nonché quelle rivolte a garantire il pieno diritto ad interrompere una gravidanza, rappresentano solo alcune delle battaglie che il mondo femminile umbro deve e dovrà affrontare nei prossimi mesi per garantire la salvaguardia dei loro diritti. Inoltre, il progressivo depotenziamento dei consultori rappresenta un altro duro colpo per le donne umbre, costrette a rivolgersi alle strutture ospedaliere per qualsiasi necessità. I consultori, le case della salute e la medicina di prossimità sono punti centrali della garanzia di equi diritti riproduttivi per tutte, motivo per cui, come PD Umbria, ci batteremo per il ripristino e lo sviluppo di questi servizi.

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