Vertenza Sangemini, Paparelli e Bori (PD): l’emergenza Covid-19 non diventi un alibi. Governo pronto ad intervenire e la Regione che fa?

Vertenza Sangemini, Paparelli e Bori (PD): l’emergenza Covid-19 non diventi un alibi. Governo pronto ad intervenire e la Regione che fa?

La situazione di emergenza sanitaria attuale non può, in alcun caso, giustificare le scelte aziendali di Sangemini e Amerino che rischiano di portare l’azienda alla chiusura definitiva delle attività.

La Giunta Regionale è stata sollecitata più volte e da più parti a intervenire, ma continua a manifestare la propria irresponsabile indifferenza cercando di scaricare le responsabilità altrove. Già a febbraio, vista la gravità della situazione, avevamo manifestato preoccupazione per il futuro dei lavoratori delle due aziende e presentato, contestualmente, un’interrogazione urgente in cui si chiedeva di conoscere quali provvedimenti intendesse adottare la Regione Umbria a tutela dell’occupazione, oltre che per assicurare la strategicità dei siti produttivi di questi due marchi storici delle acque minerali umbre. Ad oggi non abbiamo avuto risposta, nonostante siano state ampiamente superata le scadenze previste dal regolamento e dallo statuto della Regione.

A distanza di tre mesi i dipendenti sono ancora più in difficoltà e tornano giustamente a chiedere certezze, e non certo provvedimenti come la cassa integrazione, che rischia ad aggravare ulteriormente anche loro condizione economica e sociale. Il settore dell’agroalimentare, in generale, e quello delle acque minerali, in particolare non ha subito in questo periodo di emergenza una crisi di mercato, e quindi la cassa integrazione non è giustificata.

È giunto il momento che le istituzioni regionali battano un colpo: nonostante l’azienda ritenga che le trattative debbano avvenire sul piano nazionale, noi restiamo convinti che, invece, le questioni territoriali devono essere affrontate in Umbria e che la Giunta regionale deve intervenire subito per evitare il concreto rischio di chiusura delle attività.

In attesa di un tavolo regionale e nazionale si accolgano intanto le richieste dei lavoratori che chiedono legittimamente di ridurre le giornate mensili di cassa integrazione, portandole da 8 a 6, con anticipo della stessa indennità. Ciò a vantaggio anche della stessa azienda, affinché possa produrre e distribuire a pieno ritmo un bene primario come l’acqua, che proprio nel pieno di una crisi sanitaria ed economica come quella che stiamo vivendo, non va fermata ma assicurata.